È l’anno 1967 quando l’ingegnere Alan Shugan, nei laboratori IBM, realizza il primo supporto magnetico per l’archiviazione dei dati informatici. Il floppy disk (disco flessibile) posto in un involucro quadrangolare da otto pollici è agevolmente trasportabile. Un processo di magnetizzazione, generato da un componente hardware, fissa i dati sul disco in formato binario. Un apprezzabile supporto di dati diventa così “tascabile” e di facile uso. I primi floppy, in formato otto pollici, sono di sola lettura.
Il 1971 è l’anno in cui compare sul mercato il disco “scrivibile” che determina un altro passo in avanti della tecnologia. Il nuovo floppy disk permette la lettura e la scrittura dei dati e pochi anni dopo ne viene ridotto anche il formato, che diventa di 51/4 pollici. Un nuovo salto tecnologico avviene nel 1982 quando il disco riduce la sua dimensione a 3,5 pollici.
Fino agli anni Ottanta, il floppy disk è un supporto utile per la diffusione di software commerciali e sistemi operativi oltre che un valido strumento per il trasferimento ed il backup dei dati. Annoverato come invenzione rivoluzionaria, è formato da un sottile disco con sostanza ferromagnetica che memorizza le informazioni in una serie di settori e tracce.
Il disco, prototipo di Alan Shugan, vede nascere successive versioni più performanti che garantiscono minore fragilità, maggiore durata del supporto, più grande capacità di archiviazione (fino a 1200 Kilobyte pari a 1,2 Megabyte) ed un completo sistema di lettura/scrittura che sfrutta entrambi i lati del disco.
Il supporto da 51/4 pollici è stato utilizzato sul Commodore 64 tramite il Commodore 1541, il noto floppy disk drive.
Sulla rete i rischi d’intercettazione o di hackeraggio sono numerosi e non sempre si è nelle condizioni di poter rischiare. In America, il Pentagono, per il controllo dei sistemi di lancio delle testate nucleari, non ancora sostituisce questa tecnologia datata del floppy disk. Lo farà, a breve tempo, ma intanto il floppy mantiene ancora alta la sua (se pur modesta) bandiera.
Vincenzo Barile